Si è tenuta oggi la nona edizione della Giornata di Confcommercio “Legalità, ci piace”, che ha visto l’intervento del Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e del Sottosegretario al Ministero dell’Interno, Ivan Scalfarotto, seguita in diretta streaming presso la sede della Confcommercio di Matera, è stata un’iniziativa di analisi, denuncia e sensibilizzazione sulle conseguenze dei fenomeni criminali per l’economia reale e per le imprese.
I fenomeni illegali – contraffazione, abusivismo, pirateria, estorsioni, usura, infiltrazioni della criminalità organizzata, furti, rapine, taccheggio, corruzione – alterano la concorrenza, comportano la perdita di fiducia degli operatori e la diminuzione degli investimenti. Questi fenomeni impattano pesantemente sul sistema economico-sociale, fanno chiudere le imprese oneste, fanno perdere posti di lavoro, non tutelano i consumatori, riducono la sicurezza pubblica e naturalmente alimentano la criminalità organizzata.
Il perdurare della pandemia e gli effetti delle restrizioni su imprese ed economia hanno determinato la necessità di concentrare l’attenzione su fenomeni criminali quali l’usura e sui tentativi di infiltrazione della criminalità nel tessuto economico.
Fin dall’avvio dell’emergenza sanitaria il credito ha assunto un ruolo cruciale per assicurare la necessaria liquidità alle imprese, private delle loro entrate o comunque investite da shock imponenti sulla loro attività economica. Il bisogno di liquidità e il rischio usura sono diventati quindi oggetto di indagine mirate.
L’usura – ha osservato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, – trova il terreno ideale in un sistema di imprese reso più fragile e più esposto a causa di una drastica riduzione del volume di affari, della mancanza di liquidità e di una sostanziale difficoltà di accesso al credito. Insomma, i fenomeni criminali, e in particolare l’usura, si nutrono delle crisi. Non ci stanchiamo pertanto di chiedere moratorie, moratorie fiscali e creditizie.
Quest’anno l’Ufficio Studi Confcommercio ha incentrato la sua indagine sulla diffusione dell’usura che, anche a causa della pandemia, è diventata la piaga principale per le imprese. Sono le imprese che non hanno ricevuto pieno soddisfacimento della propria richiesta di credito quelle sulle quali è stata calcolata, dall’Ufficio Studi, la platea di attività “potenzialmente” esposte a rischio usura. In questo quadro strumenti strutturali già esistenti, quali i Confidi, possono essere utili a prevenire il fenomeno del ricorso all’usura nell’ambito dei sistemi imprenditoriali locali.
E’ necessario, pertanto, rilanciare l’operatività dei Confidi a favore delle imprese a rischio usura (all’art. 15 della legge 7 marzo 1996, n. 108), attraverso un generale potenziamento e la revisione degli schemi di funzionamento. In particolare, gli interventi dovrebbero essere volti a semplificarne l’utilizzo e ad ampliarne l’accesso.
L’obiettivo principale dell’indagine, realizzata in collaborazione con Format Research, è stato quello di rilevare e descrivere la diffusione di alcuni dei fenomeni criminali che più di altri condizionano l’andamento e lo sviluppo delle imprese, analizzandoli in funzione dei territori nei quali operano le imprese e in considerazione dell’ampiezza demografica dei centri abitati, delle macroaree geografiche e di una serie di domini di studio, come la dimensione delle imprese stesse ed i settori di attività economica.
L’indagine è stata effettuata su un campione statisticamente rappresentativo delle imprese del terziario di mercato. Nel rapporto sono stati messi a confronto i dati nazionali con quelli per macroaree geografiche (Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud e Isole).
Secondo l’indagine, quasi il 12% delle imprese percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2021. Dall’analisi per macroarea emerge come la percezione sulla crescita dei fenomeni criminali sia più accentuata nel Mezzogiorno(16,6%).
L’usura è il fenomeno criminale percepito in maggior aumento dagli imprenditori del terziario di mercato (per il 27%). Il trend è più marcato nelle grandi città e al Sud dove l’usura è indicata in aumento dal 30% delle imprese. Il racket è in crescita per il 21% degli imprenditori.
Al sud l’8,3% degli imprenditori ha avuto notizia diretta di fenomeni di usura o estorsione nella propria zona di attività, il dato risulta inferiore a quello nazionale pari all’11% e la percentuale di imprenditori che sono molto preoccupati per il rischio di esposizione a fenomeni di usura e racket nella zona in cui operano è del 19,1%, dato superiore alla media nazionale pari al 17,7%.
Di fronte a fenomeni di usura e racket il 66,7% delle imprese del Sud ritiene che si dovrebbe denunciare (un valore superiore alla media nazionale del 58,4%) e il 41% dichiara che non saprebbe cosa fare (dato più elevato della media nazionale pari al 33,6%).
Per quanto attiene alla Qualità della vita, il 20% delle imprese del Sud e Isole ritiene che nell’ultimo biennio la qualità della vita nel centro urbano sia peggiorata, la media nazionale è del 19,9%.
Quanto al degrado urbano, circa sei imprese su dieci sono dell’idea che il degrado urbano abbia un impatto negativo sull’andamento dell’impresa. Tale convinzione è più marcata tra le imprese del Mezzogiorno e del Centro Italia. Quasi il 20% delle imprese ritiene peggiorato il livello di qualità della vita nella zona in cui opera, il dato è più accentuato nel Sud e nelle Isole (25,8%).
Il 45,3% degli imprenditori del Sud ritiene degradati i centri di piccole dimensioni (comuni con meno di 10.000 abitanti), un dato decisamente superiore a quello nazionale pari al 27,9%. Rispetto ai centri più grandi (comuni con più di 10mila abitanti), il 54% delle imprese del Sud considera degradate le periferie (il dato nazionale è pari al 47,1%) e il 33,3% giudica degradati i centri storici (il dato nazionale è pari al 21,6%
In base alle stime dell’Ufficio Studi Confcommercio almeno 30mila imprese del commercio, della ristorazione e della
ricettività sono oggi ad elevato rischio usura.
L’illegalità costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi quasi 31 miliardi di euro e mette a rischio circa 200mila posti di lavoro. La perdita annua in termini di fatturato e di valore aggiunto è pari al 6,3%. In dettaglio, l’abusivismo commerciale costa 8,7 miliardi di euro, l’abusivismo nella ristorazione pesa per 4,8 miliardi, la contraffazione per 4,1 miliardi, il taccheggio per 4,3 miliardi. Gli altri costi della criminalità (ferimenti, assicurazioni, spese difensive) ammontano a 6 miliardi e i costi per la cybercriminalità a 2,8 miliardi.
Infine, relativamente alla necessità di supportare il delicato e sofferto percorso di denuncia da parte delle vittime di racket e usura, sono da considerare positivamente, e pertanto da incentivare, i progetti di partenariato fra associazioni antiracket ed antiusura riconosciute (attraverso l’iscrizione agli appositi albi prefettizi) e le associazioni di categoria, partenariati che ottimizzano le sinergie fra l’esperienza e la professionalità delle associazioni antiracket ed antiusura e la capillarità e la vicinanza al sistema imprenditoriale delle organizzazioni datoriali, da sempre punto di riferimento e di ascolto degli imprenditori. Esempi in tal senso sono già stati sperimentati grazie ai finanziamenti del Pon legalità 2014 – 2021.